Lunga intervista rilasciata da Stefano Pioli a Sportweek, il noto settimanale allegato a La Gazzetta dello Sport, nel corso della quale ha parlato del suo modo di allenare, del momento del Milan, degli obiettivi del club e non solo.

Sulla definizione di normal one: “Mi fa piacere. Se per ‘normale’ si intende uno che ha voglia di crescere e migliorarsi sempre, allora lo sono. Merito tutto quello che ho, perché ci metto tanta passione. Ma ‘normale’ non vuol dire che mi vada bene tutto e che abbia poco carattere e personalità. Nel calcio troppo spesso si confondono l’educazione e il rispetto con la mancanza di carattere e di carisma. Io mi arrabbio spesso, anche se al Milan adesso un po’ di meno”.

Sull’hashtag #Pioliout: “Nel calcio non esiste equilibrio: o sei troppo bravo o sei troppo scarso. Ma non è così e io so che non è così. Ho la bacheca vuota, ma sono convinto delle mie capacità. Perciò mi disinteresso di quel che si dice all’esterno. Per vincere ci vuole la squadra adatta, e io fino a oggi non credo di averla avuta”.

Sul Milan: “Oggi mi considero un tecnico adatto a qualsiasi squadra. E al Milan mi sento al posto giusto al momento giusto. Qui c’è una proprietà che non ti fa mancare nulla. Con Maldini, Massara e Gazidis lavoro in sintonia. C’è un gruppo di giocatori che la società ha plasmato, migliorandolo poco alla volta. Non abbiamo ancora fatto niente, ma i risultati parlano”.

Sugli obiettivi stagionali: “A Milanello dobbiamo essere equilibrati e intelligenti: la stagione scorsa siamo arrivati a 12 punti dalla zona Champions e a 17 dalla Juve campione. Non è giusto pensare allo scudetto quando sono passate appena dieci giornate. Dobbiamo solo avere il coraggio di continuare a crescere, essere ambiziosi e provare a vincere tutte le partite, perché siamo il Milan e abbiamo qualità. Ad aprile vedremo dove saremo”.

Su Ibrahimovic: “La squadra è consapevole delle proprie qualità e ormai ha ben chiari i concetti di gioco. Detto ciò, sappiamo quanto Zlatan sia stato importante per la crescita del gruppo e quanto importante sia la sua presenza in campo. Ma abbiamo altre caratteristiche da sfruttare quando non è con noi”.

Sul primo incontro con Ibra: “L’ho aspettato in palestra a fine allenamento. È arrivato che era buio. Ci siamo abbracciati, e mai avevo abbracciato uno così grosso. Ho conosciuto poche persone così intelligenti e simpatiche. Ma fuori dal campo, perché, dentro, Ibra è un animale. Ed è un complimento, sia chiaro. Io gli ho chiesti di mettere al servizio di una squadra giovane le sue qualità. Lui a me, di fare l’allenatore”.

Se il Milan – come molti sostengono – è cresciuto grazie agli stadi deserti: “No. Siamo cresciuti da gennaio in poi, col lavoro e l’arrivo di Ibra, Kjaer, Saelemaekers. Non vediamo l’ora di tornare a giocare davanti ai nostri tifosi. Non sono ruffiano: mai visto un pubblico caloroso e comprensivo come il nostro. Con loro saremmo più forti e gli avversari dovrebbero temerci molto di più”.