Ivan Gazidis, amministratore delegato del Milan, ha rilasciato un’intervista a La Gazzetta dello Sport. Ecco le sue dichiarazioni.

Sulle due anime nel Milan: “Non è vero, non è vero, non è vero (lo ripete tre volte). C’è una sola visione comune: avere un Milan moderno, che competa al vertice del calcio italiano e europeo, che giochi in futuro nel più grande stadio del mondo, con una chiara filosofia calcistica per ottenere i successi sul campo“.

Sulla preoccupazione dei tifosi: “Il Milan è uno dei più grandi club di calcio, ma tutti sanno che gli anni passati sono stati difficili. Le perdite enormi. Da quando Elliott è subentrato siamo una delle società che più ha investito al mondo. Ma attenzione: esiste il Financial Fair Play e, specie in questi giorni, stiamo vedendo che è una cosa seria. I confini entro cui agire sono chiari. Il nostro obiettivo sul versante sportivo è quello di far crescere la squadra, ma con un bilancio in linea col FFP. Non vogliamo mai più subire una esclusione dalle coppe. Le sfide che dobbiamo affrontare per tornare in alto sono molteplici, sappiamo di dover fare un passo alla volta, anche con degli inevitabili errori lungo il cammino. Nessun sogno è impossibile, ma tutti i sogni richiedono impegno, fatica e pazienza per essere realizzati“.

Sul calcio italiano: “È vero, qui cambia tutto in una settimana in base a una vittoria o a una sconfitta. E questo non aiuta a far crescere il sistema. La tentazione spesso è prendere decisioni a breve termine, fare il passo più lungo della gamba. È normale. Chiunque viva il club con passione ha questa tentazione. Io non faccio eccezione. Dopo una sconfitta non dormo. Dopo una vittoria ho 5 minuti di sollievo, forse… È così che vivo questo club, è così che lo vive Paolo Maldini, è così che lo vive Zvone Boban ed è così che lo vivono tutti, compresi i nostri tifosi. Ma il pericolo di prendere decisioni basate su questo, ti porta a perdere di vista dove si vuole andare e dopo due, tre anni rischi di pagarne un prezzo drammatico“.

Sulla politica del club: “Deve essere un buon mix tra giovani di talento e giocatori esperti che abbiano ancora fame di successi, mentalità vincente e sappiano guidare il gruppo. Ibrahimovic ha avuto un impatto enorme, da un punto di vista tecnico, di personalità, di leadership. Non abbiamo mai rifiutato l’idea di giocatori esperti e già di alto livello. Ma puntiamo anche su chi possa diventarlo con la maglia del Milan. Theo Hernandez non è oggi un giocatore top? Bennacer non è un potenziale top? C’è un team di persone che cerca di trovare i giusti equilibri, i giocatori che permettano il mix vincente“.

Sul feeling con Boban e Maldini: “Un team di livello è fondamentale per ottenere risultati e noi lo abbiamo. Con Zvone e Paolo ci parliamo tutti i giorni. Torniamo insieme, felici o tristi, dopo ogni partita. Tutto quello che facciamo è insieme. Tutti noi vogliamo la stessa cosa. Ritengo che le decisioni che vengono prese attraverso il dibattito, la discussione e diversi punti di vista, siano le migliori. Non confondiamo il confronto con lo scontro. Il dibattito su chi comanda non conta per me. Chi comanda? Chi è il re? Nessuno. Il re è quello per cui lavoriamo tutti. Il re è il Milan“.

Sull’ipotesi Rangninck: “Sono nel calcio da 26 anni, interagisco con centinaia di persone diverse tra cui almeno 20 allenatori in tutto il mondo. È normale. Ma nessuno ora nel Milan sta pensando a un nuovo allenatore. Pioli è arrivato in una situazione difficile, si è comportato personalmente e professionalmente in modo esemplare. Il suo lavoro è stato di altissimo livello e ora stiamo iniziando a vedere questa squadra crescere, svilupparsi. Essere l’allenatore del Milan è un obiettivo per tanti grandi allenatori. Ma Pioli resta in pole position anche per il futuro: la stagione è ancora aperta. È presto per parlarne adesso. Rangnick? Non parlo mai di tesserati di altri club, calciatori, allenatori, dirigenti che siano. Non sarebbe giusto e corretto farlo“.