Lunga intervista a Sportweek, rilasciata da Giacomo Bonaventura. L’ex calciatore ha risposto alle varie domande togliendosi qualche sassolino dalla scarpa-
ADDIO AL MILAN: “Potevo ancora dare tanto – ha dichiarato – ho capito che le valutazioni su di me erano cambiate quando mi sono infortunato al ginocchio. Dovevo operarmi, stare fermo fino al termine della stagione e ricominciare con un solo anno di contratto davanti. Una società che ha fiducia in te, ti sottopone il rinnovo appena vede che hai ripreso l’attività. Nel mio caso non è successo. Ci sono state mezze parole, niente di più. Forse è cambiato lo stile Milan, ma ho avuto la sensazione che nei miei confronti non ci fosse la considerazione di cui godevo prima dell’infortunio”
SU PIOLI: “Con lui all’inizio ho sempre giocato, poi ha cambiato modulo, io sono un po’ calato perché venivo da una lunga inattività ed è finita che ho visto meno il campo”.
RAPPORTO CON GATTUSO: “Somiglia a Mihajlovic. Mi ha fatto sentire importante e io gli ho dato l’anima, dimostrandogli che di me poteva fidarsi. Ma non è stato tutto rose e fuori. Una volta non volevamo andare in ritiro ed è finita che ci siamo ritrovati a discutere io e lui, testa contro testa. Mi voleva ammazzare (ride). Ma Rino è così: si incazza tantissimo sul momento ma finisce lì, non è uno che porta rancore”.
SU GIAMPAOLO: “Ha uno stile suo – ha dichiarato Jack a Sportweek – non fa l’amicone dei giocatori, non è uno che tutti i giorni ti chiama nel suo ufficio a parlare, ma a me andava bene così. Avrebbe avuto bisogno di più tempo per trovare soluzioni di gioco migliori. Io rientravo dall’infortunio e all’inizio non ero pronto, quando lo sono stato gli ho detto: “Mister, fammi giocare, così ti do una mano”. Mi ha dato retta, ma è stato esonerato poco dopo. Sono convinto che col suo sistema avrei potuto fare bene”
SU IBRAHIMOVIC: “È un grande. Quando è arrivato mi ha trasmesso un entusiasmo e una voglia che mi mancavano da un po’. Ho iniziato la stagione che stavo recuperando dall’infortunio al ginocchio del novembre di due anni fa. Non avevo quasi fatto la preparazione precampionato ed ero un po’ giù di tono, non solo muscolare. Quando a gennaio ho visto arrivare Zlatan, mi è tornata la voglia di spaccare il mondo. Io e lui eravamo i due vecchietti della squadra e lui, che pure ha parecchi anni più di me, diceva scherzando che il più vecchio ero io. È entrato in gruppo in punta di piedi, con umiltà, senza pretese, guadagnandosi il rispetto di tutti e con il lavoro e le prestazioni in partita. Quello che fa in campo lo vedono tutti, ma la differenza la fa la sua intelligenza. E non mi riferisco a quella calcistica. E poi è uno molto divertente. Ha dato sicurezza. Lo vedi grande e grosso lì davanti, sai che nei momenti difficoltà puoi buttare la palla su, che ci pensa lui. Ci ha aiutato tanto. La sua presenza ha dato consapevolezza, specie ai più giovani. In allenamento è un terremoto, mette pressione, fa stare tutti più attenti”.
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