Patrick Cutrone, attaccante del Milan, ha rilasciato alcune dichiarazioni alla presentazione del libro “La Giovane Italia”. Di seguito sono riportate le sue parole.
Le prime parole di Cutrone
“Mi ritengo un ragazzo normale, non penso di essere diverso dagli altri anche perché non ne avrei motivo. Sono un ragazzo un po’ più fortunato degli altri perché posso fare ciò che amo. Ho fatto una marea di sacrifici e non era facile legare impegni di scuola e calcio. Son al Milan da 13 anni e le prime stagioni facevo veramente fatica, finire magari tardi alle medie e liceo e poi mangiare e andare subito agli allenamenti. Tornare magari alle 21 e poi mettersi dietro a studiare fino a tardi. Uno mentalmente può anche mollare, ma la voglia di arrivare prevale su tutto. La voglia non mi è mai mancata, poi mio padre è sempre stato al mio fianco e l’ho sempre ascoltato in tutto. Poi a me non piace perdere e do tutto, sia in campo che in allenamento. Prima di entrare in campo, San Siro o trasferta, sono un po’ teso e ho i miei riti scaramantici. Ma le partite le ho sempre sentite, anche nelle giovanili. Anche le amichevoli, le sento tutte. Quando scendo in campo però, questa tensione scende e cerco di dare il meglio. Non c’è stato un momento preciso in cui ho capito di potercela fare ed arrivare, ho sempre voluto solo migliorare e lo penso ancora. Anche perché non ho fatto nulla e lo so benissimo”.
L’importanza della testa e dei comportamenti
“Uno può anche essere un fenomeno, ma senza testa non si va mai avanti”.
Essere il punto di riferimento per i più piccoli
“Ai più piccoli dico di mettersi in testa un obiettivo e provarci sempre, poi se va male comunque ci hai provato in tutto”.
Come si passa dalla Primavera alla Prima Squadra?
“Io ho avuto la fortuna di fare mezzo anno ad allenarmi sempre in prima squadra, senza essere convocato per le partite. Ed è a Milanello mentre si lavora che scopri il livello e la velocità che sono necessari per farcela, in quei mesi ho capito tanto e ho innalzato il mio livello di lavoro”.
Lavorare su stessi per migliorare nel Milan dei grandi
“Molte volte mi arrabbiavo a fine partita con me stesso, soprattutto quando perdiamo. Ma sto iniziando a gestirla questa cosa e sono un po’ così. C’è un lato positivo però in tutto questo, che è quello di voler sempre vincere e continuare ad alzare l’asticella tutti giorni in allenamento. Voglio mettere il mister in difficoltà perché io voglio giocarle tutte, anche le amichevoli che non contano voglio farle io”.
L’importanza della famiglia nella crescita calcistica
“Avere accanto una famiglia che non pensa al successo ma al tuo bene, è fondamentale. I miei genitori mi han sempre tenuto con i piedi per terra, non mi hanno mai detto ‘bravissimo, sei un fenomeno’, anzi mi fanno notare quelle cose che sbaglio o che pecco. Sono dei riferimenti per me e li ascolto sempre. I miei vogliono vedere sempre lo stesso Patrick e non quello che con un po’ di successo perde la testa. So benissimo che montarsi la testa è inutile, anzi, farei danni alla mia carriera”.
La disponibilità nel fare l’esterno
“Non l’avevo mai fatto, rispetto a Suso che tecnicamente è di un altro livello posso faticare, ma penso di essermela cavata. Quello che mi dice il mister lo faccio, può mettermi anche in porta che lo faccio per il bene del Milan”.
I giovani italiani
“Ho avuto la fortuna di fare la finale dell’Europeo Under 19 e rispetto a prima, ora i giovani italiani vengono fuori maggiormente”.
L’esordio in Nazionale A
“Un motivo di orgoglio esordire con la propria nazionale. Ero felicissimo contro l’Argentina, non sto nemmeno a spiegarvi come stavo”.
I complimenti di Filippo Galli
“Fa piacere, Filippo mi ha sempre seguito e lo ringrazio. È anche grazie a lui se sono arrivato a questo punto”.
Un ragazzo giovane che brillerà tra qualche anno
“Non ne conosco molti. Uno che mi piace è Bellanova, mi ha impressionato. Ha dimostrato buone cose negli ultimi mesi”.
La più grande ramanzina ricevuta
“Ce ne sono tante (ride, ndr). Soprattutto erano per la scuola perché volevano che rimanessi concentrato su quella”.
Il gruppo giovane delle Nazionali
“La finale contro la Francia, forse solo un paio aveva esperienze in A. Nella loro squadra, praticamente tutti erano titolari in Ligue 1 e poi avevano davanti Mbappe, la differenza è stata tutta lì nell’esperienza”.
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